“Prendi una decisione di pancia!” oppure altre volte “Sai, quella è una persona di cuore!”, ma ancora “Ho mal di testa dopo questa giornata così intensa!”, ed ancora “Da quando ho litigato con lei ho una nausea che non mi fa più mangiare nulla!”. Quante volte ce lo siamo sentiti dire? O magari siamo stati noi stessi a dirlo a qualcuno. Se ci soffermiamo un secondo ad analizzare queste frasi, scopriremo un aspetto interessante: prendere una decisione, vivere un’esperienza, è un’attività che solitamente viene considerata un aspetto mentale e razionale di una persona. Riguarda, per farla semplice, il pensiero e quindi il cervello. Se parliamo di pancia o cuore, al contrario, ci riferiamo ad aspetti più istintuali, primari e innati e una loro eventuale sofferenza, per logica, viene percepita come qualcosa di esterno a noi. 

Chiaramente questo concetto è una provocazione. Cervello, intestino, cuore, articolazioni, muscoli, arti ecc, quindi Mente e Corpo, sono strettamente correlati. Di più: parlano lo stesso linguaggio.

Le neuroscienze hanno infatti scoperto la presenza di una rete neuronale complessa, in continua evoluzione e capace di elaborare dati in autonomia (insomma, un vero e proprio cervello)  anche nel cuore e nel sistema enterico in primis, ma non solo. Non che sia una sorpresa (lo dicono molte fonti spirituali e filosofiche da almeno 2500 anni) ma ad oggi il tutto sembra praticamente certificabile scientificamente (Scognamiglio, 2008). Questo senza nemmeno la necessità di citare tutti i filoni di ricerca che ad oggi affermano concretamente come la distinzione Mente/Corpo sia un qualcosa di inattuabile.

IL RAPPORTO MENTE/CORPO

Nei secoli scorsi, dimentichi dell’esperienza corporea, filosofi importantissimi come Cartesio e Leibniz, solo per citarne alcuni, hanno dovuto inventare concetti quali ad esempio la “ghiandola pineale” e “l’armonia prestabilita” per spiegare quel processo per cui la rappresentazione di un’azione o il progetto della stessa, a livello di coscienza e pensiero porta il corpo poi ad un movimento.

Questa modalità di teorizzare l’uomo concepisce la coscienza come quell’ente che in piena autonomia impartisce ordini ad un corpo che diventa a questo punto un oggetto tra gli oggetti (io coscienza ordino a te mano di prendere quella bottiglia).

Posizionamento Ghiandola Pineale all’interno di un cervello.

Successivamente, sulla spinta di altri pensatori, tra i primi Nietzsche e via via Jaspers, Dilthey, Husserl e Heidegger, si assiste alla nascita di un modello in cui il corpo non è più considerato come un puro e semplice oggetto mosso da leggi fisiche, ma diventa un fenomeno molto più complesso, creatore esso stesso di esperienza per l’individuo, e si, anche patologia mentale.

Non è tanto il fatto di capire cosa siano il corpo o la mente, quanto osservare la loro necessaria interdipendenza fenomenologica. Faccio subito un esempio per liberarmi da questa complessa retorica: quando ho mal di testa, a chi appartiene il male? Alla mia testa o al mio Io che soffre? 

Questo è un problema, o un falso problema che attraversa tutti i pazienti che portano la loro testa dolente dal neurologo o il loro Io sofferente dallo psicologo.

Anche quei pazienti che si definiscono molto stressati, in realtà, colgono che il mal di testa può essere una conseguenza dello stress, ma non rie­scono a pensarlo appartenente a una componente comune e globale di malessere. Se, tuttavia, proviamo a osservare il fenomeno lì dov’è sulla scena del dolore, quasi miracolosamente la scissione si ricompone nella formula “io sono colui che soffre in questa testa dolente”.

Ecco di nuovo esistere d’un colpo il Leib, il corpo vivente, quel corpo che viene da me vissuto come “corpo proprio” e non come oggetto, nella sua interezza e non relativamente alle singole parti, quel corpo che “io-sono”, piuttosto che semplicemente “io-ho”: per quanto mi scorpori dalla mia testa, quella sofferenza rimane la mia. Ovviamente, questo vale anche nella direzione inversa: quando ho paura non è soltanto il mio Io che ha paura, bensì le mie gambe hanno paura, mi cedono, il mio cuore ha paura e accelera il battito, il mio diaframma ha paura, comincia ad ansimare, il mio stomaco quando ho paura ne risente. 

UN VUOTO CHE BRUCIA

Lucia, 42 anni, arriva in seduta portando il suo sintomo: una cistite che si ripresenta ormai da diversi anni, per la quale sono stati consultati svariati medici e specialisti. Un sintomo cristallizzato e irrisolto

Tracciando una mappa delle relazioni di Lucia, risulta molto scarna, ed emerge che i 45 minuti di seduta rappresentano l’unico momento in cui può dire qualcosa di sé stessa. Per questo, il nostro primo obiettivo è cercare di confrontarci sul vuoto relazionale finora occupato dal sintomo. La cistite le ha infatti permesso di porsi al centro di una rete, in cui Lucia, nella forma dell’auscultazione medica, è stata accolta e guardata

Lavoriamo per restituire a Lucia uno spazio soggettivo, che il sintomo ha reclamato, senza dimenticare il sintomo stesso. Cerchiamo quindi di comprendere che effetto ha questo “brucioreda un punto di vista sistemico sul suo corpo e sulla sua mente, senza sostituirci al medico e distinguendone i processi fisiologici e psicologici sottesi. Quale cistite e in quale vita?

Utilizzando trame di fantasia, ispirate dall’esperienza sul campo, abbiamo ricostruito alcuni passaggi clinici ipotetici per illustrare cosa può accadere durante un percorso psicologico, che spesso dedica un’attenzione specifica al corpo.

ASPETTI SOMATICI E PSICOLOGICI

Nel modello di pensiero della medicina tradizionale il sintomo viene considerato “psicosomatico” quando non sono evidenti lesioni oggettive di tipo organico (Scognamiglio, R.M., 2008). In realtà già negli anni Trenta fu messo in discussione che il principale fattore eziologico dei sintomi somatici sia di natura esclusivamente psicologica.

Secondo gli autori, infatti, il Sistema Neuro-Vegetativo, all’interno del quale si integrano soma e aspetti affettivo-relazionali, influenza sia il comportamento individuale sia l’attività dei sistemi enzimatici attraverso reti neuronali periferiche. La sua capacità, quindi, di regolare contemporaneamente la vita istintivo-affettiva e il metabolismo cellulare dimostra come esso rappresenti il legame tra sfera psichica e somatica così da permettere all’organismo di reagire in maniera unitaria agli stimoli interni ed esterni.

La presenza ubiquitaria dell’innervazione neurovegetativa fa sì che quasi tutti gli organi e tessuti dell’organismo rispondano all’attivazione del Sistema Nervoso Centrale e che queste risposte interagiscono tra loro creando schemi molto complessi. A questo si aggiunge inoltre una variabilità somatopsichica individuale. La risposta vegetativa è dipendente, infatti, oltre che dal tipo, dalla natura e dalla intensità dello stimolo, anche dalla struttura genetica individuale e dalle precedenti esperienze che, attraverso meccanismi di apprendimento e memoria condizionano il tipo e l’entità della risposta emozionale somatica del soggetto (Lanza, 2009).

Bisogna domandarsi in primo luogo come un ammalato viva nel suo corpo o meglio come egli vitalmente sperimenti e “senta” il proprio corpo. Ma, per quanto riguarda questo ”sentire”, non si deve pensare a percezioni riferite a questo o a quel senso, a questo o a quell’organo; soprattutto non si deve pensare a percezioni ottiche o tattili (cioè “esterne”) del proprio corpo… Bisogna sempre tener presente che non soltanto l’uomo “possiede” un corpo, che non basta sapere come è fatto questo corpo, ma che egli è sempre, in qualche maniera, corpo. (Binswanger, Sulla Psicoterapia). (Martinotti, 2010).

In tal misura ogni psicoterapia autentica non può che mirare primariamente all’appacificamento dell’uomo con se stesso, ma anche a quello dell’uomo con il mondo, poiché la salute del corpo non è concepibile al di fuori di uno stato di armonia, di fiducia e di amicizia con ciò che ci circonda.

Riferimenti

* Lanza, R., Rostagno, E. (2009). Il benessere dell’intestino. Edizioni L’Età dell’Acquario

* Martinotti, G. (2010). Fenomenologia della corporeità. Dalla psicopatologia alla clinica. Edizioni Univ. Romane

* Scognamiglio R.M. (2008) Il male in corpo. La prospettiva somatologica nella psicoterapia della sofferenza del corpo. Franco Angeli, Milano