La fibromialgia è una sindrome cronica e sistemica, il cui sintomo principale è rappresentato da forti e diffusi dolori all’apparato muscolo-scheletrico. Per tale ragione questa malattia, che colpisce una percentuale variabile tra l’1 e il 3% circa della popolazione mondiale (circa 2 milioni in Italia), soprattutto di sesso femminile, è catalogata come patologia reumatica di natura extrarticolare. Può essere confusa con l’artrite, ma a differenza di questa non produce infiammazione interna o danni alle articolazioni. Ciò perché la fibromialgia interessa il tessuto connettivo di tutto il corpo, in particolare quelle strutture che siano costituite da fibre: muscoli, tendini, nervi.

La parola fibromialgia, infatti, unisce tre vocaboli: il latino fibra (stesso significato che in italiano), mus (muscolo, dal greco antico) e algia (dolore, sempre dal greco antico). Mai come in questo caso, l’etimologia ci assiste nel definire non solo la malattia, ma il suo sintomo principale. Ma la fibromialgia, come se non bastasse, non è solo questo.

SINTOMI E ASPETTI MEDICI

«Mi sento dire: “non è possibile che lei senta così forte il dolore, non c’è niente che possa spiegare questa manifestazione dolorosa”. E allora giù antidepressivi. Non sono depressa, mi dicevo, non lo sono, ho solo bisogno che qualcuno mi creda.»

«Io sono fibromialgica da 14 anni e poco più e sono sinceramente stanca ed arrabbiata per la coltre di indifferenza che ricopre questa sindrome a partire dall’ambiente medico».

Queste sono alcune tra le testimonianze che si trovano in rete, scritte da donne affette da fibromialgia. Si tratta di una malattia cronica la cui particolare fenomenologia ne ha reso difficile la diagnosi per molto tempo. La rigidità e il dolore spesso iniziano gradualmente, diffusamente, con un carattere sordo. Il dolore è diffuso e può peggiorare con l’affaticamento, la tensione muscolare o l’esercizio muscolare eccessivo.

La fibromialgia è, come anticipato, una sindrome cronica dolorosa, ma la sofferenza fisica non è certo limitata a muscoli o tendini, dal momento che tutto l’apparato locomotore e le sue parti “molli” ne vengono colpite, e che le ripercussioni si hanno anche sotto il profilo cognitivo e neurologico.
Vediamo in rassegna i sintomi primari e secondari collegati alla fibromialgia:

  • Dolori diffusi acuti e brucianti, simili a trafitture, oppure dolore profondo e continuo, o un’alternanza di entrambe le forme di sofferenza per almeno tre mesi continuativi. Le aree interessate sono tutti i quadranti del corpo;
  • Dolore osseo che coinvolga almeno una delle seguenti aree dell’apparato scheletrico: vertebre cervicali, vertebre dorsali o lombo-sacrali, torace anteriore;
  • Dolore alla palpazione in almeno 11 delle aree chiamate “tender points”, 18 punti situati in tutti i distretti del corpo secondo una mappatura che coincide con gli snodi energetici che vengono stimolati nell’agopuntura, dalla testa fino ai piedi. In genere la malattia “accende” i diversi tender points con andamento progressivo, iniziando da un quadrante per poi “illuminarli” tutti, o quasi;
  • Crampi;
  • Rigidità articolare al mattino;
  • Gonfiore articolare di natura non infiammatoria;
  • Sensazione di gonfiore al mattino a carico di viso e mani, e spesso agli occhi (condizione non sempre visibile dall’esterno);
  • Fitte intercostali;
  • Nevralgie (tra cui sciatica e trigemino);
  • Senso di profonda spossatezza (stanchezza cronica);
  • Cefalee;
  • Parestesie (sensazione di torpore o formicolio lungo gli arti);
  • Dismenorrea (Dolore mestruale);
  • Mastodinia (dolore al seno);
  • Anomalie del sonno talvolta accompagnate dalla sindrome delle gambe senza riposo, un disturbo neurologico che si manifesta di notte con spasmi e necessità di muovere in continuazione le gambe, e da apnee notturne;
  • Sindrome dell’intestino irritabile;
  • Sensibilità o intolleranza al glutine;
  • Cistite interstiziale (infiammazione della vescica di origine non infettiva) e in generale disturbi urinari e dolore durante la minzione (disuria);
  • Dolore pelvico;
  • Senso di stordimento, talvolta nausea o capogiri;
  • Nebbia cognitiva. È così definito un sintomo neurologico della sindrome fibromialgica che interessa le capacità neurocognitive e che implica difficoltà di concentrazione, confusione mentale e deficit mnemonici;
  • Depressione. Non di rado collegata con l’impossibilità di comunicare il proprio malessere nella convinzione di non essere creduti. Purtroppo, di fatto, accade spesso che il malato di fibromialgia venga preso per ipocondriaco o “lagnoso”;
  • Dolore temporo-mandibolare sovente scambiato per mal di denti;
  • Secchezza di occhi e bocca (sindrome dell’occhio secco e secchezza della fauci).

I sintomi variano nel tempo e risentono di numerosi fattori esterni (climatici, ormonali, psicologici ecc.) che sono in grado di provocarne un peggioramento. Per quanto riguarda l’età media di insorgenza dei primi sintomi di fibromialgia, si situa intorno ai 35 anni (con la comparsa di dolori generalizzati anche a riposo, irritabilità e stanchezza), per poi aggravarsi tra i 45 e 55 anni di età circa. 

Con un campionario di disturbi e di dolori così ampio e variegato, diagnosticare la fibromialgia, così da accorpare tutti i sintomi sotto un unico denominatore comune, non è cosa automatica. Possono passare diversi anni, fino a sette, di media, tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi univoca di fibromialgia. Infatti inizialmente il paziente “soffre” senza capirne le ragioni, cercando di tamponare con farmaci sintomatici i vari malesseri, senza venirne mai a capo.

Il medico di riferimento per la diagnosi e il trattamento della fibromialgia è il reumatologo che per prima cosa effettuerà una palpazione dei tender points per verificarne la dolorabilità. Questa analisi obiettiva è fondamentale per capire se siamo di fronte ad una sindrome fibromialgica, perché permette in un sol colpo di eliminare quasi tutte le altre cause possibili. I tender points sono infatti punti specifici che si riscontrano tra tendini e muscoli, che nel paziente fibromialgico dolgono alla digitopressione (il criterio diagnostico prevede che la dolorabilità si riscontri in almeno 11 dei 18 tender points). Essendo una patologia ad eziologia multifattoriale, per effettuare una diagnosi non basta solo questo, ma tutta una serie di ulteriori esami strumentali, per approfondimenti più accurati e approfonditi clicca qui.

Cause e fattori di rischio della fibromialgia

Le cause esatte che conducono allo sviluppo della fibromialgia non sono chiare. Quello che si sa è che esistono diversi fattori predisponenti che possono concorrere alla patogenesi della malattia e dei suoi sintomi dolorosi. Tali fattori sono sia interni (endogeni) che ambientali (esogeni), e includono:

  • cause genetiche ed ereditarietà. Dal momento che membri della stessa famiglia sono più a rischio di ammalarsi di fibromialgia, è probabile che vi sia una mutazione genetica ancora da scoprire all’origine della sindrome;
  • comorbilità. Soffrire di malattie reumatiche autoimmuni come l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, il lupus, predispone alla fibromialgia. Ciò fa sospettare che l’autoimmunità sia implicata anche nell’eziopatogenesi della sindrome fibromialgica;
  • traumi ripetuti, malattie e infezioni. Spesso la fibromialgia nei soggetti predisposti esordisce proprio dopo una malattia infettiva virale con febbre, o dopo un incidente o un intervento chirurgico. Questi eventi costituiscono una sorta di fattore “grilletto”;
  • traumi psicologici, sindrome da stress post traumatico. Fungono da fattore “grilletto” allo stesso modo che i traumi fisici.

A giugno 2020, una ricerca italiana condotta dal dipartimento di Medicina dell’Università di Verona e Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Genova sembra aver gettato le basi per un cambiamento importante nella visione e nell’approccio terapeutico rispetto alla fibromialgia. Nell’articolo pubblicato sul Journal of Clinical Medicine si afferma come sia stata appurata l’esistenza di fattori autoimmuni alla base di tale malattia. Scoprire la possibile origine autoimmune della malattia potrebbe permettere di curare non più solamente i sintomi ma di dirigersi direttamente all’origine del disturbo.

Una rappresentazione accurata di come sarebbe la Fibromialgia se solo fosse visibile.

Terapia

La fibromialgia richiede un approccio multidisciplinare, che si realizza con la combinazione di terapie farmacologiche e trattamenti meno convenzionali. Nel primo caso la scelta del farmaco deve essere guidata dai sintomi dei pazienti: le opzioni comprendono analgesici, anti-infiammatori non steroidei, miorilassanti, ipnotici, sedativi, antidepressivi. Ai farmaci possono essere abbinati trattamenti riabilitativi, per migliorare il tono muscolare e ridurre la percezione del dolore, e la psicoterapia; vi sono evidenze di efficacia anche con l’agopuntura, la balneopterapia, esercizi aerobici, ipnoterapia, biofeedback. 

CHE RUOLO GIOCANO I FATTORI PSICOLOGICI?

La fibromialgia ha spesso un impatto negativo sulla quotidianità e sul funzionamento delle persone che ne soffrono.  Gli aspetti emotivi nella fibromialgia assumono una rilevanza notevole non solo dal punto di vista degli stati psicologici ma soprattutto per la sovrapposizione di questi con gli stessi meccanismi biologici della malattia. In alcuni individui condizioni di stress o sofferenza emotiva protratta a lungo e condizioni di dolore cronico si intrecciano e si influenzano reciprocamente. È importante sottolineare come diverse ricerche hanno messo in luce la sovrapposizione a livello neurale tra dolore somatico e dolore emotivo.

Il corpo malato

Il corpo malato impone un cambiamento nella vita della persona, ponendosi come ostacolo non solo alle attività quotidiane, alle relazioni interpersonali ma anche alla propria progettualità. Chi patisce una patologia fisica vive una sorta di scissione tra sé e il proprio corpo, tra la propria volontà e i limiti imposti dalla propria corporeità

Come sostiene Merleau-Ponty, il corpo-proprio, il mio-corpo, è un’abitudine primordiale, come tale esso condiziona tutte le altre abitudini rendendole comprensibili: tale corpo costituisce il nostro peculiare veicolo dell’essere-al-mondo, abitando lo spazio e il tempo. Per Merleau-Ponty «il corpo è il nostro mezzo generale per avere un mondo». Le persone che sperimentano una condizione di difficoltà fisica, vivono un costante riposizionamento sul proprio corpo, una focalizzazione degli stati enterocettivi (stati interni del nostro corpo) che porta a una chiusura/vincolo nel rapporto con il mondo esterno a favore di una tendenza all’isolamento.

Un corpo malato è un corpo ferito, vulnerato, indisponibile, ma in particolare un corpo malato è un corpo diverso. Ed è diverso dal suo esser precedentemente stato un corpo sano tra altri corpi sani. Una patologia fisica, che colpisca uno o più organi, aggredisce ed investe l’uomo nella sua totalità, modificando il suo assetto esistenziale, ledendo il suo più intimo essere-nel-mondo.

La psicoterapia nei pazienti con fibromialgia

Nello stato di salute ciascuno di noi è generalmente privo di limiti nella propria azione. Sempre Merleau-Ponty ha sintetizzato questo concetto nell’espressione “io posso”: posso sedermi, alzarmi, correre, voltarmi, afferrare e tanto altro. In tali affermazioni non mi soffermo a riflettere sul ruolo della mia corporeità in quanto, semplicemente, sono io che agisco. Nella malattia però, tale naturale e perciò silente condizione subisce uno scacco. Chi patisce e sperimenta una patologia fisica vive una sorta di scissione tra sé e il proprio corpo esperendo un insidioso ed intollerabile conflitto tra la propria personale volontà e le limitate e limitanti possibilità imposte dal proprio corpo: io, ad esempio, voglio alzarmi dal letto, ma le mie gambe non me lo consentono. Tale esperienza è rivelatrice di alcuni essenziali elementi:

«Il mio corpo sono io: sono io ad essere malato (non qualcosa che mi appartiene),
tanto che sono io a non riuscire ad alzarmi dal letto, nonostante questo posso prendere le distanze
dalla mia corporeità e, appunto, dire che io voglio, ma le mie gambe non me lo permettono». E., R., 2003.

Tale distanza è resa possibile dal fatto che l’essere umano sperimenta una sorta di sporgenza ontologica per cui la mia corporeità non esaurisce il mio essere. Secondo un recente studio condotto presso la Wayne State University (2017) la psicoterapia che incoraggia l’analisi delle esperienze emotive correlate a traumi, conflitti e problemi di relazione si è riscontrata utile per le persone affette da fibromialgia.

Molte persone con fibromialgia hanno vissuto avversità nelle loro vite, tra cui vittimizzazione, problemi familiari e conflitti interni, che creano emozioni importanti che vengono spesso soppresse o evitate. La ricerca emergente sulle neuroscienze suggerisce che ciò può contribuire fortemente al dolore e ad altri sintomi fisici. I pazienti che ricevono un trattamento psicoterapico così impostato, ottengono migliori risultati, compresi riduzione generalizzata dei dolori, miglioramento dello stato fisico, dell’attenzione e della concentrazione, riduzione dell’ansia e della depressione.

Importante comunque sottolineare come la psicoterapia non deve essere considerata come alternativa alle cure mediche.

FONTI

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Esclanda R., Russo F. (2003), Homo patiens – prospettive sulla sofferenza umana, Edizioni Università della Santa Croce, Roma.

Goldenberg DL, Schur PH, Romain PL. Clinical manifestations and diagnosis of fibromyalgia in adults. Literature review. UpToDate, aggiornamento al 14 settembre 2016.

Hawkins, Fibromyalgia: A Clinical Update, The Journal of the American Osteopathic Asssociation, September 1, 2013 vol. 113 no. 9 680-689

Heidegger M. (1927), Essere e Tempo, Ed. It. A cura di Pietro Chiodi, Franco Volpi, Longanesi Editore, Milano, 2005.

Mark A. Lumley, Ph.D., Howard Schubiner, M.D., Nancy A. Lockhart, MSN, Kelley M. Kidwell, Ph.D., Steven E. Harte, Ph.D., Daniel J. Clauw, M.D., and David A. Williams, Ph.D. Emotional awareness and expression therapy, cognitive-behavioral therapy, and education for fibromyalgia: a cluster-randomized controlled trial. Pain. 2017 Dec; 158(12): 2354–2363. doi: 10.1097/j.pain.0000000000001036

Merleau-Ponty M. (1945), Fenomenologia della percezione, Tr. It. A cura di Andrea Bonomi, Casa editrice: Il Saggiatore, Milano, 1965.