A quasi tutti capita di fare incubi. Situazioni paradossali, fuori dall’ordinario, che “sentiamo” con la stessa intensità di un’esperienza reale. Che cosa possono significare? L’ipotesi psicologica più accreditata è che attraverso i sogni l’inconscio cerchi di far emergere dei contenuti che la coscienza razionale non vuole vedere o nega del tutto. Per farlo utilizza un linguaggio simbolico a tinte forti – appunto il linguaggio degli incubi – che non ci permette di continuare con la consueta apparente indifferenza, “attaccandoci” proprio quando siamo al massimo abbandono, ovvero durante il sonno.
SONNO E MEMORIA: IL FUNZIONAMENTO DEI SOGNI
Non è possibile parlare di incubi, però, senza prima affrontare il tema dei sogni in generale, dopotutto gli incubi non sono altro che sogni particolarmente intensi dal punto di vista della carica emozionale negativa. Bizzarri, spaventosi, misteriosi o piacevoli al punto che non ci si vorrebbe svegliare. Sognando per tutta la notte, ci capitano “esperienze” di ogni genere e fin dall’antichità l’uomo si è sempre chiesto che cosa significassero quelle visioni così potenti da sembrare reali, capaci di emozionarci a volte più della vita reale.
Un altro tema da cui non si può prescindere quando si parla di sonno, sogni ed incubi, è quello della memoria. Citando Squire e Kandel (2010): «La memoria è il collante che consolida la nostra vita mentale, l’impalcatura che sostiene la nostra storia personale e ci permette di crescere e di cambiare nel corso della vita». La perdita di memoria coincide con la perdita della capacità di rievocare il passato e, di conseguenza, la perdita del legame con noi stessi e con gli altri; ma in che modo la memoria è collegata con i sogni e con gli incubi?
Funzionamento biologico del sonno
Innanzitutto è bene fare una suddivisione in stadio NonREM del sonno (Non-Rapid Eye Movement) e stadio REM (Rapid Eye Movement). Senza scendere nei dettagli fisiologici della distinzione, ci basti sapere che durante il sonno queste due fasi si alternano tra loro, ed avendo ciascuna delle peculiarità specifiche, contribuiscono insieme a rendere il sonno ottimale, riposante e funzionale. Da considerare come il sogno, o l’incubo, si sviluppa in ogni fase del sonno, non solo nella fase REM come si supponeva fino a qualche tempo fa. I “sogni REM” sono semplicemente quelli più complessi e che ricordiamo meglio.
A proposito della memoria, di giorno in giorno i nuovi ricordi codificati subiscono un processo che li rende man mano più stabili, il cosiddetto consolidamento. Ciò avverrebbe tramite l’interazione tra diverse aree cerebrali e corticali, ed in particolar modo il sonno NonREM sembrerebbe avere un ruolo chiave in questo meccanismo. Contribuirebbe infatti a riorganizzare le connessioni fra network neuronali e faciliterebbe il flusso di informazioni dall’ippocampo alla corteccia.
Sonno a stadi
Nello schema a sinistra, gli stadi del sonno durante una notte “tipica”. Come si può vedere, le fasi in cui i sogni sono più vividi (REM) non sono quelle di sonno più profondo (lo stadio 4 è quello di sonno pesante), ma l’opposto, sono i momenti di sonno più leggero.
L’ippocampo è una struttura cerebrale adibita ad una grande quantità di compiti, tra cui l’immagazzinamento temporaneo delle memorie. Durante lo stadio NonREM sembra esserci un «dialogo» tra ippocampo e neo-corteccia volto proprio a codificare le memorie di provenienza ippocampale. Queste, immagazzinate temporaneamente nell’ippocampo durante la giornata, vengono trasferite e consolidate nella corteccia durante la notte, divenendo stabili ed entrando a far parte dei nostri ricordi e della nostra storia di vita. In questo modo da un lato l’ippocampo si “svuota” per lasciare posto a nuove memorie, dall’altro i ricordi immagazzinati vengono definitivamente consolidati.
Con il riposo, quindi il sonno, si lascia la possibilità all’ippocampo di svuotarsi e si consente alle informazioni apprese di essere ben consolidate nel network corticale. Per questo motivo si consiglia sempre di riposare o dormire dopo aver studiato. Un quantitativo di studio eccessivo e senza interruzioni rischia di sovraccaricare l’ippocampo, che dopo aver raggiunto una certa soglia di apprendimento, smette di assimilare informazioni. Dobbiamo vederlo come un vaso che raccoglie gocce di acqua piovana: dopo aver raggiunto l’orlo, l’acqua inizia a fuoriuscire e a perdersi. È necessario svuotare il vaso per poter iniziare a raccogliere nuovamente l’acqua. Lo studio senza riposo in quest’ottica appare controproducente.
Secondo il modello dell’omeostasi sinaptica, in generale i cambiamenti neurali che avvengono durante il sonno riflettono un processo omeostatico che lavora al fine di riportare il cervello allo stato iniziale e funzionale del giorno precedente. Questi modelli di sonno «riposanti» sostengono che il sonno serva ad invertire i cambiamenti deleteri che inevitabilmente si accumulano nell’arco della giornata. Anche sognare potrebbe servire per una funzione omeostatica.
La rielaborazione emotiva delle informazioni
Lo stadio REM del sonno invece si pensa possa essere associato all’elaborazione di memorie con forti connotati emozionali e la sua deprivazione sembra essere correlata a Depressione e Disturbo Post Traumatico da Stress. In parole povere, tutto ciò fa pensare ad una maggiore elaborazione delle memorie associate ad eventi emotivi. I ricordi smettono di essere consolidati durante il sonno REM ed iniziano invece ad essere rielaborati dal punto di vista emotivo e «corretti» se necessario. Possiamo vedere questo meccanismo sia come un’integrazione della componente emotiva dei ricordi all’interno del network cerebrale, sia come una «correzione» o un ridimensionamento della stessa nel caso in cui fosse particolarmente disturbante. Dal punto di vista neurobiologico, durante il sonno REM si può osservare una diminuzione dell’attività nella corteccia frontale dorsolaterale e dall’ippocampo verso la neocorteccia, un aumento di quella nell’amigdala e della corteccia limbica e orbitofrontale.
I sogni, come anche gli incubi, sarebbero sia una manifestazione di questo meccanismo, sia la via attraverso cui opera il meccanismo stesso. Immaginiamo di aver vissuto nei giorni passati un’esperienza molto disturbante dal punto di vista emotivo. Durante le notti successive, tramite il sogno, potremmo riviverla in modo distorto, fusa con altri elementi della nostra vita, spesso più bizzarri ed apparentemente incoerenti. Insieme all’esperienza, durante il sogno rievocheremmo anche l’intensità emotiva ad essa associata che tuttavia verrebbe mitigata dai nuovi elementi introdotti nella scena. A questo punto il ricordo verrebbe riconsolidato con una carica emotiva «diluita» e quindi meno disturbante.
PERCHE’ E’ IMPOSSIBILE NON SOGNARE?
Durante la vita una persona dedica migliaia e migliaia di ore al sogno. La nostra comprensione tecnica dei fenomeni onirici è stata oscurata dalle teorie psicoanalitiche che vedono i sogni come sforzi per mascherare pensieri ed emozioni indesiderati. Tuttavia, i tratti distintivi dei sogni (l’immaginario visivo, le bizzarre distorsioni, l’intensità emotiva, persino la tendenza ad essere dimenticati) possono essere spiegati come fenomeni psicologici trasparenti, derivanti da una specifica attività cerebrale a livello cellulare e molecolare. I vissuti onirici sono perspicui e cogenti tanto quanto le rappresentazioni mentali della realtà; si impongono al soggetto contro la sua volontà. L’esperienza onirica viene presa sul serio, nonostante spesso sia irrealistica.
Il sogno è fisiologico e non è possibile non viverlo, non esiste il «non sogno», ma piuttosto il «non ricordo» del sogno. Quando crediamo di non aver sognato, in realtà semplicemente non ricordiamo di averlo fatto; l’attività onirica è imprescindibile. Tutto ciò accade automaticamente e puntualmente ogni notte, così come ogni giorno mangiamo, beviamo e soddisfiamo altri bisogni fisiologici necessari; sognare infatti in quest’ottica appare come una necessità fisiologica.
INCUBI ED ALTA INTENSITÀ EMOTIVA
Nella schizofrenia e nei deliri possiamo vedere le allucinazioni come «incubi a occhi aperti», mentre i sogni in generale possono essere visti come allucinazioni fisiologiche «a occhi chiusi». In entrambi i casi le scene si impongono al soggetto ed egli non può né sottrarsi ad esse, né controllarle, fatta eccezione per i cosiddetti «sogni lucidi», ma questa è un’altra storia. Secondo quanto detto nei paragrafi precedenti, si potrebbe supporre che il sonno NREM abbia un ruolo fondamentale nei processi di consolidamento, mentre si potrebbe pensare che il sonno REM sia di particolare importanza nella corretta integrazione dei ricordi emotivi.
A questo proposito sono stati segnalati aumenti della densità del sonno REM nei pazienti affetti da Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD), una condizione clinica in cui il soggetto, dopo aver vissuto un’esperienza traumatica, tende a riviverla in modo involontario sotto forma di flashback o di incubi notturni. L’aumento della densità potrebbe coincidere con un più intenso tentativo di elaborare i ricordi emotivi disturbanti. Vi è inoltre evidenza di una maggiore frammentazione del sonno REM negli stessi pazienti, rappresentativa di un ripetuto fallimento nella rielaborazione.
Riassumendo, gli studi ipotizzano che il sonno nei pazienti affetti da PTSD, una condizione patologica caratterizzata, tra gli altri sintomi, anche da incubi ricorrenti, è contraddistinto da anomalie nella fase REM. Il sonno REM sembra infatti avere una funzione attenuante e facilitante e nei confronti dei processi emozionali e per questo motivo i disturbi del sonno tendono ad intensificare i sintomi del PTSD, aggravando le condizioni dei pazienti e peggiorando le loro capacità di recupero. In favore di questa ipotesi vi sono le evidenze secondo cui insonnia ed incubi insorti entro un mese dal trauma solitamente predicono lo sviluppo di PTSD dopo 6-12 mesi.
Le teorie sul funzionamento degli incubi
Fatte queste indispensabili premesse, di seguito si riportano alcune tra le teorie del funzionamento onirico più accreditate:
- Emotion-defense regulation. Una teoria neo-psicoanalitica che attribuisce i risvegli da incubo ai meccanismi difensivi responsabili del contenimento delle emozioni. Quando questi non riescono ad arginarle, esse deflagrano, facendo sussultare il soggetto, che spesso si sveglia. Per esempio, la paura potrebbe portare al terrore, accompagnato da iperattività motoria; la tristezza potrebbe condurre ad un copioso pianto notturno; la gioia, paradossalmente, potrebbe generare un «incubo piacevole», accompagnato da un orgasmo notturno.
- Adaptation to stress. Come si può intuire dal nome, secondo questa teoria il sogno facilita l’adattamento allo stress. Nel PTSD, gli incubi notturni riflettono il continuo tentativo di dominare il trauma. I sogni che riguardano gli eventi disturbanti irrisolti sono considerati mastery dreams ed hanno il potenziale di curare il soggetto (consentendogli di rivivere e di rielaborare l’accaduto), ma anche di interrompere il sogno se l’emozione prevale sulla rielaborazione. Onde evitare che ciò accada intervengono i cosiddetto avoidance dreams, con il compito di presentare sogni senza apparente relazione con l’evento traumatico al fine di non destare il soggetto per la troppa intensità emotiva. L’oscillazione tra mastery dreams ed avoidance dreams continua per tutta la notte finché non viene raggiunto il tanto ricercato stato di adattamento. Gli incubi, siccome interrompono il sonno, non sono altro che un fallimento delle funzioni di mastering ed avoidance.
- Sleep to forget and sleep to remember. Secondo questa terza teoria il sonno REM serve sia a consolidare i ricordi emotivi, sia a ridurne l’intensità affettiva. La riduzione dell’emotività limita lo sgradito aumento di ansia associato ai ricordi emotivi, prevenendo di conseguenza lo sviluppo di disturbi affettivi. È stato ipotizzato che i sogni svolgano un compito importante in questa funzione, e che gli incubi ricorrenti rappresentino i ripetuti tentativi (e fallimenti) nella separazione del contenuto affettivo dai ricordi emotivi. Il sonno REM ridurrebbe la reattività dell’amigdala alle memorie, pur conservando i ricordi trattenuti dall’ippocampo. Tuttavia, si noti che se il depotenziamento delle emozioni non ha successo in una determinata notte, ulteriori tentativi durante le notti successive si manifesteranno seguendo uno schema incubi-REM-ricorrenti, tipico del PTSD. Questa teoria quindi, in modo simile alla precedente, associa gli incubi ricorrenti ad un fallimento della funzione onirica. Vi sono alcune evidenze che la corroborano, come sottolineato in molti studi.
- Image contextualization. Un’immagine contestualizzata (CI) è una potente immagine centrale di un sogno che sembra appunto «contestualizzare» (fornire un contesto per) l’emozione del sognatore. Per esempio, i sognatori che hanno vissuto qualche evento traumatico a volte sognano di essere travolti da un maremoto. Questo sembra mostrare la loro sensazione di terrore e/o vulnerabilità. La teoria della contestualizzazione dell’immagine sottolinea il ruolo delle emozioni nella formazione del sogno (o incubo): maggiore è l’emotività, più saliente e potente è l’immagine centrale del sogno. Gli incubi ricorrenti e post traumatici ne sono il caso più esemplare. Le evidenze a favore: (1) Le immagini centrali nei sogni successivi ad un trauma sono più salienti; (2) Il sonno REM partecipa alla formazione dei ricordi di ippocampo-dipendenti; (3) L’ippocampo è centrale nel processo di consolidamento della memoria contestuale.
- Information-processing theory (o memory cycle theory). Si basa sulla nozione secondo la quale le funzioni dei sogni sono quelle di incorporare le nuove esperienze nella memoria a lungo termine ed integrare le emozioni dei vecchi ricordi con quelle dei nuovi. Associando un sogno ansioso con altri pensieri, sentimenti e ricordi «distrattivi», ne viene corretta in modo adattivo l’intensità. Il risveglio indica il punto cruciale nel quale bisogna intervenire (durante il sonno successivo) con la correzione, mentre i risvegli ricorrenti, al contrario, riflettono un fallimento dell’integrazione affettiva ed un continuo fallimento nella miglioria.
Fonti
- Come funziona la memoria: meccanismi molecolari e cognitivi. Zanichelli. Squire, L. R. & Kandel, E. R. (2010).
- The dreaming brain. New York, NY, US: Basic Books. Hobson, J. A. (1988).
- Stickgold, R., & Walker, M. P. (2007). Sleep-dependent memory consolidation and reconsolidation. Sleep medicine, 8(4), 331-343.
ScienceDirect - Principles and Practice of Sleep Medicine 5th Edition. Kryger, M. H., Roth T. H., Dement W. C. (2011).
- L. Varriano. Perché abbiamo gli incubi: una prospettiva biologica. www. thedifferentgroup. com