La rabbia – ira, collera, bile, sdegno- è un sentimento ancestrale dalle molte facce, che ci aiuta, dicono i neuro scienziati, a “proteggerci”. Il termine ira indica uno “stato emotivo” che implica sia attribuire una colpa per qualche torto subito sia correggere il torto e prevenirne la ripetizione. E’ una reazione emotiva alla percezione di qualcosa di sbagliato o ingiusto, spesso definita anche rabbia, indignazione, contrarietà, irritazione.

“Di solito gli uomini quando sono tristi non fanno niente: si limitano a piangere sulla propria situazione. Ma quando si arrabbiano, allora si danno da fare per cambiare le cose.”

MALCOLM X

L’EMOZIONE DELLA RABBIA

In gergo comune quella che spesso viene chiamata rabbia, fa riferimento a un’emozione che può definirsi a valenza edonica negativa e ad alta intensità, che si manifesta negli individui e in alcuni casi porta all’attuazione di agiti, mentre in altri è repressa o inibita in termini di espressione e agiti comportamentali. Secondo alcuni studiosi, ad esempio Anolli (2002), è più appropriato definirla “collera” in relazione al termine scientifico inglese anger, anche se il gergo comune utilizza più frequentemente il lemma rabbia per definire lo stato emotivo.

La rabbia è tra le emozioni considerate “di base” o primitive, universali e trasversali alle specie, alimentate da automatismi dotati di una particolare rilevanza sul piano evolutivo e a cui corrispondono distinti circuiti neurali, focalizzati in particolare sulle regioni subcorticali. Esse formano anche gli ingredienti per ulteriori mescolanze da cui nascono emozioni complesse in tonalità diverse e diverse sfumature a cui cerchiamo di attribuire dei nomi nel tentativo di definirle. Le emozioni di base costituiscono segnali semplici e istintivi volti a veicolare informazioni altrettanto immediate atte ad orientare in tempi rapidi il comportamento. Se un’emozione positiva è un segnale che il soggetto si trova in un contesto confortevole e positivamente proficuo sul piano adattativo, viceversa l’emozione negativa rappresenta che il soggetto è entrato in una specie di “disconfort zone” o portato a confrontarsi con stimoli al quale cerca di sottrarsi o di contrastare.

Il significato più semplice ed elementare della rabbia è mettere paura all’avversario. Questo immediato effetto non solo traspare dal sordo ringhiare del cane, ma anche negli umani il “fingersi arrabbiato” o il “fare la voce grossa” o la “faccia cattiva” è una strategia utile ad incutere paura all’avversario. Trattasi in questi casi di un mero segnale che rientra nel più vasto repertorio dei segni; ma la rabbia, intesa come emozione interna effettivamente provata, insorge primieramente come immediata e istintiva reazione ad un disturbo o ad una interferenza che in qualche modo inibisce la libertà di azione. In particolare, nel caso più semplice trattasi di una interferenza che va a ripercuotersi sul seeking system o sistema motivazionale appetitivo di Panksepp, prospettando in qualche modo una riduzione delle aspettative di piacere.

LA RABBIA NON E’ AGGRESSIVITA’

La rabbia non è un fattore che accompagna qualsiasi comportamento molesto o aggressivo, pur essendo in grado di potenziarli, acutizzandoli. L’impulso rabbioso rappresenta una delle pulsioni che alimentano il comportamento aggressivo, sulla quale però non va appiattito tout court il concetto e il fenomeno dell’aggressività che gode, invece, di una più ampia e complessa estensione e varietà di sorgenti. Con il concetto di aggressione s’intende ogni comportamento diretto verso un altro individuo allo scopo intenzionale di recare un danno, si riferisce quindi al comportamento messo in atto, all’attacco fisico e/o verbale. L’agitazione e la rabbia insorgono nei contesti in cui l’esperienza non è coerente con i suoi obiettivi e che quindi “fa esplodere d’ira” l’individuo nel tentativo di opporsi a questo a questo stato di cose.

La rabbia è piuttosto una manifestazione aggressiva primordiale. Questa reazione parossistica può essere artificialmente provocata attraverso la stimolazione di alcuni centri nervosi. L’area stimolata corrisponde ad un circuito neuronale che va dall’amigdala all’ipotalamo e al grigio periaqueduttale (che controlla i comportamenti sensomotori associati alla rabbia). Quando Pankseep stimolò per la prima volta il circuito della rabbia di un gatto, l’animale, fino a quel momento affettuoso, gli si scagliò contro con le unghie sfoderate e i denti in vista, emettendo suoni minacciosi. L’ipotalamo sembra avere un posto d’onore in questo sistema: situato praticamente al centro del cervello, per quanto ad esso è affidata in gran parte la regia del delicato equilibrio omeostatico del corpo, stimolato di per sé, si rivela essere il motore in grado di scatenare reazioni rabbiose ai livelli più alti di aggressività. Affermare però che l’ipotalamo sia l’organo della aggressività, è però dir poco viste le complesse funzioni ad esso ascrivibili. Sicuramente ha la funzione di coordinare più strutture collegate anche al Sistema Nervoso Parasimpatico.

Una delle strutture principalmente chiamate in causa nell’emozione rabbia e’ l’Ipotalamo, una delle strutture profonde del nostro cervello. La rimozione completa della corteccia cerebrale in animali induceva uno stato di rabbia violenta alla minima provocazione; tale condizione veniva invertita quando s’includeva nella rimozione proprio l’ipotalamo, soprattutto la sua porzione posteriore. Psicopatologia e fisiopatologia dell’umore. Perna. 2014

LA FUNZIONE ADATTIVA DELLA RABBIA

Come tutte le emozioni a valenza edonica negativa o positiva, anche la rabbia può essere funzionale e avere appunto una funzione adattiva. La funzione adattiva della rabbia o collera risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova e-o nel rispondere a un’ingiustizia-torto subito o percepito, alla percezione della violazione dei propri diritti. Numerosi sono i motivi per cui è possibile perdere la calma, per esempio quando consideriamo un’altra persona responsabile per averci procurato un danno, un fastidio; oppure, se non dovessimo trovare un responsabile diretto è possibile arrabbiarsi con se stessi. Spesse volte ci arrabbiamo con le persone a cui siamo più legati, come i genitori, i coniugi, in quanto proprio da loro ci aspettiamo di essere capiti e ascoltati, ma questo non si verifica sempre.

La rabbia diviene disfunzionale per la persona se la sua manifestazione ne compromette le relazioni sociali o la spinge a compiere azioni dannose verso sé, gli altri, oppure verso cose. Lo stato emotivo e la relativa sofferenza sono determinati dal significato che la persona attribuisce agli eventi, infatti, come già anticipato, la persona prova rabbia nel momento in cui percepisce e dunque interpreta un determinato evento come un torto subito o una violazione dei suoi diritti. In linea generare quindi si può parlare di una rabbia disadattiva, disfunzionale o patologica, quando appunto crea sofferenza individuale, oppure compromette le relazioni sociali e spinge a compiere azioni dannose verso persone o cose o se stessi. A volte, a seguito di emozioni di rabbia, possono presentarsi emozioni secondarie di vergogna o paura.

Bibliografia

Anolli, L. (2002). Psicologia della comunicazione. Edizione Il Mulino

Blake, C.S., & Hamrin, V. (2007). Current approaches to the assessment and management of anger and aggression in youth: A review. Journal of Child and Adolescent Psychiatric Nursing, 20, 209-221.

Liccione D. 2012. Casi clinici in psicoterapia cognitiva neuropsicologica. Libreria Universitaria.

James, M. and Seager, J. A. (2006). Impulsivity and schemas for a hostile world: postdictors of violent behaviour. International Journal of Offender Therapy and Comparative Criminology, 50, 47–56.

Pellegrino, B. (2012). Evaluating the mindfulness-based and cognitive-behavior therapy for Anger management program. PCOM Psychology dissertations, paper 235.