Che cos’è il Disturbo Ossessivo Compulsivo

Secondo la classificazione del DSM 5, il Disturbo Ossessivo Compulsivo (conosciuto anche come DOC o OCD in inglese), è un disturbo caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o compulsioni.

Colpisce circa il 2-2,5% della popolazione generale: significa che su 100 neonati, 2 o 3 svilupperanno nell’arco della propria vita il disturbo. In Italia, sono circa 800.000 le persone colpite da Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) (Mancini, 2016). È un disturbo che si cronicizza, anche se con fasi altalenanti di miglioramento e di peggioramento, ma a volte si aggrava fino a compromettere il funzionamento in diverse aree di vita. Raramente è episodico e seguito da una remissione completa dei sintomi. Il soggetto si sente spesso obbligato ad agire o pensare nel modo sintomatico e per questo cerca di contrapporsi e di resistere. Nonostante cerchi di contrastare e nascondere le sue azioni o i suoi pensieri, questo sforzo non lo aiuta affatto a modificare il proprio comportamento.

Il sintomo centrale è la presenza di ossessioni e compulsioni o sole ossessioni, per un tempo significativo della giornata (un’ora o più al giorno) che interferiscono con le attività del quotidiano (lavoro, studio, vita di relazione, cura della casa o dell’igiene ecc.). La presenza di ossessioni e compulsioni comporta una marcata sofferenza, compromette il normale funzionamento sociale e lavorativo del soggetto e non è meglio giustificata da altri disturbi d’ansia o da malattie psichiatriche dovute a condizioni mediche generali.

Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini che insorgono improvvisamente nella mente e che vengono percepiti come:

  • Intrusivi: la persona ha la sensazione che “irrompano da soli” o che siano indipendenti dal flusso di pensieri che li precede.
  • Fastidiosi: la persona sperimenta disagio per il contenuto o per la frequenza.
  • Privi di senso: la persona ha la sensazione che siano irrazionali, esagerati o comunque non giustificati o poco legati alla realtà presente.

Le compulsioni sono azioni mentali e/o comportamenti che si manifestano in risposta alle ossessioni e che ne rappresentano un tentativo di soluzione; di solito sono seguite da un senso sollievo dal disagio causato dalle ossessioni, seppure un sollievo solo temporaneo.

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è una delle condizioni psicopatologiche che, negli ultimi anni, ha ricevuto considerevoli attenzioni dalla ricerca biologica e, soprattutto, da quella neuroscientifica. A titolo d’esempio, nel DSM-5 il DOC non rientra più nella categoria dei Disturbi d’Ansia ma è stato inserito in un nuovo capitolo che comprende altri disturbi dello spettro Ossessivo. Questo cambiamento riflette la necessità di restituire una nuova importanza e dignità a questa complessa dimensione psicopatologica, a partire da una riflessione che abbraccia non solo gli aspetti clinici ma anche quelli più strettamente legati alla sofferenza del paziente ossessivo.

Caratteristiche centrali del Disturbo Ossessivo Compulsivo

Proprio rispetto a quest’ultimo punto, a lungo i clinici si sono interrogati su quali siano le caratteristiche principali della sofferenza. Ci si è concentrati sulla natura delle ossessioni e dell’ansia che costringe il paziente ad attuare delle compulsioni per ridurla e su come questi aspetti siano pervasivi nella vita del paziente ossessivo. Potremmo dire, attraverso le parole di Straus (2006), che nella quotidianità l’esistenza dell’ossessivo è bloccata da ostacoli ed impedimenti che non costituiscono di fatto alcun problema per una persona “sana”.

Quest’ultima apparentemente semplice evidenza conduce ad alcune domande fondamentali che ci permettono di comprendere ed ampliare l’orizzonte di senso del DOC: perché una persona sana sostiene l’incertezza che invece distrugge un ossessivo? Perché la prima può accettare il dubbio che invece logora il secondo? Perché, riprendendo Straus (2006, p.82), “nel caso degli ossessivi, i requisiti minimi dell’azione eccedono così tanto quelli della vita di tutti i giorni?”.

Erwin Walter Maximilian Straus (1891-1975) fu un medico e uno psichiatra tedesco che, attraverso la metodologia da lui definita analisi strutturale, introduce una nuova visione dell’uomo vicina al sentire fenomenologico: l’essere umano non è più inteso come soggetto isolato, ma come abitante del mondo umano. In questo modo le diverse esperienze sono comprensibili innanzitutto alla luce della sua quotidianità. L’oggetto della fenomenologia strausiana è la coscienza dell’uomo nella sua esistenza, normale o patologica che sia.

“Solo dopo essere giunti a capire il mondo in cui vive il paziente ossessivo si può sperare di conoscere la genesi della patologia.”

Il mondo ossessivo

La patologia secondo Straus è da considerare come un’interruzione della normale relazione soggetto-mondo, poiché l’esistenza prende forma nel rapporto io-altro (Straus, 2016). Dunque, c’è qualcosa che si spezza nella relazione del paziente ossessivo con il suo mondo e ciò che viene meno, precisamente, è il senso di continuità e forma che dovrebbe caratterizzare gli oggetti mondani.

L’esistenza dell’ossessivo diviene un insieme informe di oggetti, attimi e sensazioni, come se venisse a mancare il senso di interezza, di unione, di organizzazione e, con essi, la loro gradevolezza. Per questo, secondo Straus il disgusto è il carattere centrale e fondamentale della patologia; inoltre, da tutto ciò si comprende come la sola modalità di relazione con il mondo, concepibile dall’ossessivo, sia quella della difesa da esso e dall’informe che lo caratterizza.

Il paradosso del DOC risiede proprio in queste sue caratteristiche: da un lato, l’ossessivo non può portare a termine un’azione perché finirla vorrebbe dire che essa non è più revocabile e dunque perfezionabile; dall’altro, l’indecisione e l’incertezza di compiere delle azioni perfette paralizzano la persona e le impediscono di fatto di agire. È interessante notare inoltre una caratteristica del DOC che emerge chiaramente dalle tesi di Straus: il paziente ossessivo, difendendosi dal mondo e dalle sue “brutture”, non fa altro che isolarsi e chiudersi nella sua realtà, rompendo quindi l’originale relazione che caratterizza gli esseri umani.

Le persone che soffrono di un DOC con contaminazione, sono ad esempio tormentate dall’insistente preoccupazione che loro stessi o un familiare possa ammalarsi entrando in contatto con qualche invisibile germe o sostanza tossica. Il contatto con la sostanza temuta è seguita da rituali tesi a neutralizzare la contaminazione (ad esempio rituali di lavaggio ripetuto delle mani, dei vestiti o di oggetti personali).

La prospettiva fenomenologica e poi quella post-razionalista e della PCN aiutano a comprendere la patologia in questione introducendo delle riflessioni sul mondo e sui significati che si appalesano al paziente ossessivo nel suo mondo. L’approccio cognitivo neuropsicologico riprende da Blankenburg (1998) un concetto fondamentale per comprendere la patologia ossessiva, riferito dallo studio alle psicosi paucisintomatiche: l’evidenza naturale. Essa rappresenta lo sfondo di ovvietà preriflessiva che dà continuità all’esperienza (coscienza tematica), al senso di sé e alla temporalità.

Questa caratteristica preriflessiva è alterata nelle situazioni psicopatologiche tanto da creare una sensazione di distacco e non familiarità. Nel DOC il soggetto esperisce un’accordatura emotiva insufficiente con il mondo, pertanto il rapporto deve essere gestito e regolato in modo rigoroso e sistematico, facendo riferimento ad un set di regole esterno ed astratto (sempre in continuo perfezionamento) che consenta loro di mantenere un adeguato senso di stabilità personale (Liccione, 2019). Il soggetto ossessivo, pertanto, incontrerà l’altro e il mondo attraverso la mediazione del sistema di riferimento utilizzato.

La sintomatologia ossessiva-compulsiva emerge, dunque, da un’alterazione (la famosa “incertezza”) dell’identità personale dovuta alla mancata corrispondenza fra l’esperienza ed il set di regole attraverso il quale l’individuo si percepisce (Arciero e Bondolfi, 2012; Liccione, 2019). La scrupolosità, l’insicurezza e l’indecisione sono tutti modi di essere che consentono la riconfigurazione dell’esperienza alla luce dello specifico sistema di significati impersonale; ogni volta che si verifica un’incoerenza, ossia quando l’esperienza non può più essere riconfigurata attraverso alla luce del set di regole, la sensazione soggettiva è quella della disgregazione, poiché insieme vacilla il senso di stabilità personale. Le ossessioni, dunque, sono la conseguenza dell’interruzione che si crea fra esperienza e sistema di riferimento e le compulsioni rappresentano un tentativo di riconnessione tra quei due aspetti attraverso un ri-posizionamento immediato (Liccione, 2019).

Il mondo dell’ossessivo è perlopiù caratterizzato da sofferenza; è faticoso da vivere e, nei casi più gravi, non è più abitabile.

Cosa fare?

Le linee guida internazionali indicano nella terapia farmacologica e nella Psicoterapia Cognitiva i trattamenti più efficaci. Le percentuali di guarigione registrate in letteratura variano tra il 50 e l’85%. La terapia cognitiva negli studi di esito appare superiore a qualsiasi altra forma di trattamento psicoterapico, se si considera la riduzione della sintomatologia, la stabilità del cambiamento, gli effetti collaterali, il rapporto costi-benefici, il miglioramento clinico.

Se pensi di avere bisogno di aiuto o di un consulto in relazione alle problematiche del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), mettiti in contatto con un terapeuta.

BIBLIOGRAFIA:
  • Arciero, G., Bondolfi, G. (2012). Sé, identità e stili di personalità. Bollati Boringhieri, Torino.
  • Blankenburg, W. (1998). La perdita dell’evidenza naturale. Un contributo alla psicopatologia delle schizofrenie pauci-sintomatiche. Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • D’Olimpo, F., Mancini, F. (2014). Role of Deontological Guilt in Obsessive-Compulsive Disorder-like Checking and Washing Behaviour. Clinical Psychological Science, 2(6), pp. 727-739.
  • Liccione, D. (2019). Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica. Bollati Boringhieri, Torino.
  • Mancini, F. (2016). La mente ossessiva. Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Straus, E. (2006). Sull’ossessione. Uno studio clinico e metodologico. Giovanni Fioriti Editore, Roma.

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