Un paziente si siede per la prima volta nella poltrona del mio studio di psicoterapia; ha un aria contenuta. È una persona distinta, che ci tiene a dare un’immagine dignitosa di sé. Si rivolge a me guardandomi, ma spesso deve distogliere lo sguardo per non far trapelare l’emozione che lo sconvolge: paura, sgomento, panico.
L’attacco di panico è un evento devastante, un insieme di reazioni psicofisiologiche di completa perdita di controllo, intensa paura di morire. Arriva all’improvviso, un scoppio interno che manda in frantumi e la realtà si rovescia: ci si sente incredibilmente vulnerabili, soli, in balia delle onde che tirano a fondo mozzando il respiro. La forte confusione mentale non permette la gestione delle emozioni di estremo allarme che il corpo manda: il battito del cuore si sente nelle orecchie e nelle tempie, sudorazione eccessiva, offuscamento della vista, tremore, sensazioni di soffocamento, vampate di calore, paura di impazzire.
Il Disturbo di Panico è un disturbo che il DSM-5 afferma caratterizzato dalla presenza di ricorrenti attacchi di panico (almeno due, anche se in genere gli attacchi sono molti di più) definiti come “inaspettati”. Il termine “inaspettati” sta a significare che, apparentemente, non si evidenziano cause scatenanti l’attacco. In un disturbo di panico gli attacchi compaiono come fulmini a ciel sereno, quando magari un individuo si sta rilassando o addirittura durante il sonno. (Per una trattazione completa della sintomatologia si veda http://www.raffaellocortina.it/index.php?route=product/product&product_id=5882).
FENOMENOLOGIA DI UN ATTACCO DI PANICO
Un campanello d’allarme che ci sveglia da un malessere profondo che spesso ignoriamo, sembra che vada tutto bene e poi arriva un vero e proprio «sintomo» che nasce da qualcosa già presente nella nostra struttura, per esperienze non attraversate nel modo giusto, per non essere stati contenuti e protetti o per essere cresciuti in un ambiente estremamente controllato o allarmante.
A prescindere dal tipo di esperienza, alla base c’è una tensione eccessiva, come ad inghiottire negatività e paure di situazioni che non riusciamo a cambiare, un’ansia che accumula altra ansia. Il senso di stabilità personale degli individui inclini a manifestare attacchi di panico avviene attraverso la polarizzazione sui segnali corporei, con lo stato psicofisico che diventa la guida delle proprie giornate. Appare chiaro come ogni significativa alterazione dell’intensità di questi segnali (sudorazione, tensione interna, tensione muscolare ecc) possa in qualche modo generare un’immediata sensazione di pericolo che può facilmente trasformarsi in uno stato d’ansia di variabile intensità: visto che il contesto emerge alle persone in base ai propri segnali corporei, a un’esperienza di ansia acuta data da una situazione non proprio congeniale a quello specifico individuo, come in un circolo vizioso l’ansia aumenta in maniera sempre più intensa con il soggetto non più in grado di controllarla che si traduce in un attacco di panico conclamato.
CONOSCERE IL DISTURBO: PRIMO PASSO PER UNA BUONA GESTIONE.
Con l’attacco di panico la confusione prende il sopravvento, tanto da scambiare la tachicardia per infarto. Ma la tachicardia, non arriva anche con l’innamoramento? Il nostro cuore batte sempre, giorno e notte ma noi, lo sentiamo solo durante l’attacco. Ascoltare i sintomi e contestualizzarli, aumenta la consapevolezza di se stessi e del proprio modo di funzionare. Non possiamo gestire nulla, senza avere conoscenza: primo passo da fare è avere ben chiara la dinamica del disturbo, inquadrarlo e definirlo.
– Pensieri ed Emozioni: «Ho paura della paura».
I pensieri diventano allarmanti, le emozioni sono perlopiù di angoscia. Così scatta il circolo vizioso di auto-alimentazione: la paura di provare paura, aumenta la paura. Durante l’attacco di panico è il corpo che comunica ed è sul corpo che dobbiamo agire, in primis attraverso la respirazione.
– Fermarsi: «Sono agitato e per questo, mi agito».
Quando l’attacco arriva in un luogo chiuso (ufficio, casa etc.) la persona inizia ad agitarsi, si muove, va su e giù come un animale in gabbia, si sente esplodere e vuole scappare al riparo. In tal modo, i sintomi aumentano. Il battito cardiaco, la sudorazione, la muscolatura tesa, gli occhi sbarrati, entrano in circolo vizioso.
– Respirare: «Non riesco a fare respiri profondi».
Il diaframma è un muscolo ed in quanto tale si irrigidisce durante l’attacco, non permettendo all’organismo di prendere ossigeno a sufficienza. La conseguenza è il respiro mozzato nel petto.
– Allentare: «Più ho paura, più sono teso».
La muscolatura si irrigidisce, la paura tiene l’organismo teso pronto all’attacco, conseguenza dell’afflusso di sangue ai tessuti.
– Prendere Spazio: «Mi sento oppresso».
Durante la crisi il corpo tende alla chiusura, le spalle vanno verso l’interno, la schiena si curva andando in posizione fetale. Chiaramente, il diaframma riceve il peso del corpo e fa fatica ad allargarsi.
– Aspettare: «Il tempo non esiste più».
Come abbiamo visto, l’attacco di panico ha un’insorgenza improvvisa e una durata limitata. Una linea che parte dal basso, si alza arrivando al picco per poi riscendere.
ATTACCHI DI PANICO E AGORAFOBIA.
Le persone con attacchi di panico evitano tutte le situazioni che ritengono favorire il panico, cercando di mantenersi all’interno della propria comfort zone che però rischia, col tempo, di restringersi sempre di più. Il rischio è reagire evitando tutte le situazioni che possono attivare gli attacchi di panico oppure affrontare le situazioni solo se accompagnati da qualcuno. In questo modo si innesca un problema di agorafobia, intesa come la paura relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali può essere difficile (o imbarazzante) allontanarsi, o nei quali può non essere disponibile aiuto in caso di un improvviso attacco di panico. Una delle conseguenze pericolose dell’agorafobia è quello di ridurre l’autonomia e rinunciare ad attività quotidiane piacevoli o utili per la soddisfazione personale. L’agorafobia è dunque come una sorta di cura fai da te del terribile panico.
COSA FARE?
«Dicono che non passerà mai, che devo imparare a conviverci».
La paura, la confusione e l’agitazione portano alla richiesta estrema d’aiuto. Con il tempo chi sta intorno subisce il peso, rimandando la sensazione di disabilità. Si è dipendenti e fondamentalmente incompresi. Presi da questi sentimenti di sconfitta, si cerca la condivisione di persone con la stessa problematica, perlopiù attraverso l’uso del web, ma attenzione, la condivisione deve «dividere» l’esperienza, non amplificarla. Dal punto di vista psicologico il Disturbo di Panico è da interpretare come l’espressione, attraverso i sintomi, di restrizioni esistenziali di cui il soggetto non è del tutto consapevole e che si manifestano attraverso le crisi. Queste devono essere indagate e integrate coerentemente nella propria storia di vita, attraverso un buon lavoro psicoterapeutico.
Riferimenti
Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica, Davide Liccione 2019.
Attacco di panico: la perdita totale del controllo, Sabrina Rodogno 2019.
Sè, identità e stili di personalità, Arciero e Bondolfi 2012.
Fenomenologia della corporeità, Giovanni Martinotti 2009.