Le disfunzioni sessuali sono un gruppo eterogeneo di disturbi caratterizzati da un’anomalia, nella capacità di una persona, di avere relazioni sessuali o di provare piacere sessuale. Secondo il DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, una diagnosi di disfunzione sessuale richiede di escludere problemi che sono meglio spiegati da un disturbo mentale non sessuale, dagli effetti di una sostanza (per esempio droga o farmaci), da una condizione medica (per esempio, il danneggiamento del nervo pelvico), oppure da un grave disagio relazionale, dalla violenza del partner o da altri fattori stressanti.
Le stime di prevalenza di queste problematiche risultano unanimamente elevate, ma oscillanti tra il 10 e il 52% per gli uomini e tra il 25 e il 63% per le donne. La causa della poca specificità di questi dati sembra legata alle difficoltà per la medicina e la psicologia di individuare un origine precisa del problema, che quindi implica un importante difficoltà nel fare diagnosi É chiaro, infatti, come in molti casi non può essere stabilita una precisa relazione eziologica tra una disfunzione sessuale e un’altra condizione medica in quanto la recente letteratura scientifica ha dimostrato che la risposta sessuale non è un processo lineare ed uniforme e la distinzione dei disturbi può essere artificiosa.
Delle risposte importanti sulle situazioni di sofferenza che molte persone accusano nell’intimità delle loro relazioni e che certamente ne influenzano proprio la loro qualità, arrivano dalla fenomenologia e dagli approcci che studiano l’essere umano attraverso i suoi propri modi esistenziali, siano essi esperienziali o narrativi, tramite un approccio in prima persona.
C’è un’importante accordanza scientifica tra gli studiosi della post-modernità nel definire sufficientemente superato il dualismo cartesiano mente/corpo (che persiste nel setting clinico ogni volta che i medici dicono ai pazienti «la sofferenza è tutta nella tua mente») a favore di una visione integrata psico-neuro-endocrina e immunitaria indicando, in questo modo, la possibile influenza di più fattori come causa delle manifestazioni di sofferenza nell’ambito delle disfunzioni sessuali.
Secondo l’importante fenomenologo francese Merleau-Ponty, come anche confermato successivamente da alcuni importanti studi scientifici di ordine fisio-biologico, risulta abbastanza riduttivo parlare della sessualità come di una semplice attivazione e funzionamento di singole parti del corpo: il sentirsi bene, essere una persona sana e attiva nel mondo non può fare altro che guidare, con la relativa qualità, anche la sessualità, essendo questa una modalità di espressione dell’intenzionalità dell’individuo all’interno di un mondo fatto di relazioni.
La sessualità non è un riflesso autonomo, dove è possibile distinguere semplici organi anatomicamente fonte di sensazioni di piacere, la sua funzionalità non può essere paragonata a quella di un ginocchio o di una spalla, essa è internamente legata a tutta la persona, in un rapporto di espressione reciproca. Se la sessualità fosse declinabile solo nei suoi organi e parti fisiche, dotati di una propria indipendenza, le deviazioni sessuali e le patologie sarebbero riconducibili esclusivamente a lesioni anatomiche, che come risulta evidente, non sono sempre presenti.
Dai pensieri di Merleau-Ponty si evince invece come nella sessualità sana si sperimenti un rapporto reciproco tra il corpo-proprio e il corpo-dell’-altro, rapporto autentico che segue il modo di essere di ogni persona. La sessualità non è quindi un’aggiunta all’uomo, un semplice attributo, va posta invece al pari del pensiero in quanto fa parte del movimento umano ed è mediata nella sua manifestazione dai modi di ogni persona di vivere se stessa, dai modi di fare esperienza.
Le vicende sessuali di una persona forniscono una chiave per la comprensione di molti significati della sua vita, poiché in queste si mostrano i modi di essere nei confronti del mondo: la sessualità e l’esistenza sono protagoniste di un’influenza e una condivisione reciproche e costanti.
Vediamo ora un esempio di caso clinico che ha come protagonista una ragazza che manifesta un disturbo dell’orgasmo.
Esempio di caso clinico:
P=Paziente
T=Terapeuta
La paziente, più o meno in tutto il primo anno della storia con l’attuale compagno, si definisce felice e sicura di sé, nonostante abbia lamentato nel corso delle sue precedenti relazioni un disturbo dell’orgasmo. In questo periodo, il sesso invece è molto soddisfacente: il compagno è un ragazzo che riesce a darle molte attenzioni ed insieme sembrano in grado di guardare in maniera rassicurante verso il futuro.
Però, a circa un anno dal momento dell’inizio della loro relazione, le cose cominciano un po’ a cambiare: l’abitudine comincia a pesare, le condizioni economiche non permettono ai due di potersi progettare nel futuro più di tanto; cambia il loro modo di fare esperienza e anche la sessualità ne paga le conseguenze
CONCLUSIONI
Dai discorsi fenomenologici sul tema della sessualità emerge la presenza necessaria di una fusione di corpo, esistenza e percezione; il corpo non è un indumento che si indossa o di cui ci si sveste a piacimento, ma acquisisce un valore “simbolico” nel momento in cui pone gli uni di fronte gli altri in una relazione costantemente avvolta dalla sessualità, che viene appunto definita come una sorta di atmosfera.
Rimane perciò fondamentale, al netto di possibili predisposizioni negative che comunque possono influenzare una sana manifestazione della sessualità, riuscire ad ammorbidire tutti gli spigoli del nostro carattere o gli eventuali impedimenti che la vita ci propina, ripristinando un’armonia tra quello che siamo e il mondo che viviamo, partendo da una maggiore comprensione di ognuno di noi.
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